Separazione e matrimonio contratto all’estero: quando è competente il giudice italiano?

Per ciò che concerne la separazione in caso di matrimonio contratto all’estero, una prima questione verte nell’individuazione del giudice competente, ovvero se quello italiano o straniero.

Ebbene, le norme di diritto interno indicano alcuni criteri per l’individuazione del giudice; in tal senso viene immediatamente in risalto l’art 31 della L. n. 218 del 1995, il quale stabilisce che “La separazione personale e lo scioglimento del matrimonio sono regolati dalla legge nazionale comune dei coniugi al momento della domanda di separazione o di scioglimento del matrimonio; in mancanza si applica la legge dello Stato nel quale la vita matrimoniale risulta prevalentemente localizzata.

La separazione personale e lo scioglimento del matrimonio, qualora non siano previsti dalla legge straniera applicabile, sono regolati dalla legge italiana”.

Orbene, laddove entrambi i coniugi risultino residenti in Italia, appare evidente come la legge nazionale comune sia quella italiana.

Tuttavia, il successivo art. 32, precisa che “in materia di nullità e di annullamento del matrimonio, di separazione  personale e di scioglimento del matrimonio, la giurisdizione italiana sussiste […]  anche quando uno dei coniugi è cittadino italiano o il matrimonio è stato celebrato in Italia”; ebbene, sul punto la giurisprudenza ha avuto modo di precisare che “ai sensi dell’art. 64, lett. a), l. n. 218/1995, la competenza internazionale del giudice straniero si accerta in base ai principi secondo i quali il giudice italiano esercita in casi analoghi la giurisdizione nei confronti dello straniero e, tra tali criteri, vi è il luogo di celebrazione del matrimonio” (Cass Civ, ordinanza n. 4304 del 2014).

In sostanza, pur sussistendo una competenza del giudice italiano a pronunciarsi sulla separazione in questione, tale competenza può altresì individuarsi anche in capo al giudice francese, dal momento che il luogo di celebrazione del matrimonio (in questo caso, la Francia) è uno dei criteri con il quale l’art. 32 della L. n. 218/95 individua la competenza e, pertanto, ai sensi dell’art. 64, lett. A), deve riconoscersi piena validità alla pronuncia di separazione emessa dall’autorità straniera che si dovesse ritenere competente sulla base di detto criterio.

La Trascrizione

Al fine di procedere alla separazione in Italia, risulta necessario aver precedentemente provveduto a trascrivere l’atto di matrimonio. Ed infatti, sebbene, come sostenuto dalla giurisprudenza,  “ai sensi dell’art. 28 della legge 31 maggio 1995, n. 218, il matrimonio celebrato all’estero è valido nel nostro ordinamento, quanto alla forma, se è considerato tale dalla legge del luogo di celebrazione, o dalla legge nazionale di almeno uno dei nubendi al momento della celebrazione, o dalla legge dello Stato di comune residenza in tale momento” (Cass. civ. sez. VI, n. 17620 del 18/07/2013), la trascrizione ha una natura certificativa e di pubblicità dell’atto: ciò appare senz’altro necessario onde procedere alla separazione, dal momento che, ai sensi dell’art. 130 c.c. “nessuno può reclamare il titolo di coniuge e gli effetti del matrimonio, se non presenta l’atto di celebrazione estratto dai registri dello stato civile”, posto, peraltro, che la finalità di pubblicità della trascrizione rileva altresì ai fini dell’opponibilità del regime patrimoniale prescelto dai coniugi senz’altro rilevante nel caso di una separazione (ex multis Tribunale di Torino, 14/05/2009 e Tribunale di Monza, 31/03/2007).

La competenza territoriale

Quanto ai criteri di competenza, l’art 706 c.p.c. stabilisce, al comma 1, che “La domanda di separazione personale si propone al tribunale del luogo dell’ultima residenza comune dei coniugi ovvero, in mancanza, del luogo in cui il coniuge convenuto ha residenza o domicilio, con ricorso che deve contenere l’esposizione dei fatti sui quali la domanda è fondata.
Qualora il coniuge convenuto sia residente all’estero, o risulti irreperibile, la domanda si propone al tribunale del luogo di residenza o di domicilio del ricorrente, e, se anche questi è residente all’estero, a qualunque tribunale della Repubblica
”.

Pertanto, appare chiaro il principio generale teso ad attribuire la competenza, ai fini della separazione, al tribunale di ultima residenza comune; tale criterio è infatti derogabile, in favore del criterio del domicilio, solo qualora si sia in mancanza di un domicilio comune.

Peraltro, anche laddove risulti applicabile il criterio della competenza del domicilio del coniuge convenuto (in assenza, quindi, di un domicilio comune), tale criterio deve contemperarsi con quanto specificato dalla giurisprudenza, la quale ha avuto modo di dire che “al fine della determinazione del tribunale competente per territorio sulla domanda di separazione personale dei coniugi alla stregua del criterio “del luogo di residenza del coniuge convenuto al momento della proposizione della domanda” […]tale luogo deve essere identificato, in via presuntiva, nella casa coniugale. La presunzione può essere vinta dal convenuto mediante la prova, a suo carico, dell’avvenuto trasferimento in altro luogo della residenza effettiva e della conoscibilità legale di tale trasferimento dalla parte attrice in forza delle risultanze anagrafiche, ovvero dellasua conoscenza di fatto” ( Cassazione civile, sez. I, sentenza n.15017 del 28/06/2006).

Per quanto riguarda il caso della separazione consensuale, non sono previsti dal’art. 711 c.p.c. criteri diversi circa l’individuazione del tribunale competente, né viene esplicitata l’adozione dei medesimi criteri di cui all’art 706 c.p.c.;

Tuttavia, la giurisprudenza ha avuto modo di dire –in una pronuncia, a ben vedere, piuttosto risalente- che ”la domanda di modificazione dei provvedimenti riguardanti il coniuge e la prole conseguenti la separazione, proposta ai sensi degli art. 710 e 711 c.p.c., non è equiparabile a quella di separazione e si sottrae alle speciali regole di competenza per quest’ultima dettate dall’art. 706 c.p.c.” (Tribunale Trapani, 11/12/2004); da ciò pare dedursi, a contrario, che anche in caso di separazione consensuale si applicano i criteri speciali di cui all’art 706 c.p.c..

Ciò sembrerebbe confermato anche da altra pronuncia giurisprudenziale, la quale, affermando che “la domanda di modificazione dell’assegno alimentare o di mantenimento che venga proposta, ai sensi dell’art. 710 cod. proc. civ. e dell’art. 711 cod. proc. civ., da uno dei coniugi separati in base a sentenza o verbale di separazione consensuale omologato, è soggetta ai normali criteri di competenza per valore e per territorio (e, quindi, con riguardo alla competenza per territorio, anche al foro concorrente del luogo dell’esecuzione dell’obbligazione, da identificarsi con il domicilio dell’avente diritto all’assegno), tenuto conto che la domanda medesima investe rapporti obbligatori, non è equiparabile alla domanda di separazione, e si sottrae, pertanto, alle speciali regole di competenza per quest’ultima dettate dall’art. 706 cod. proc. Civ.” (Cass. civ., sez. I, sentenza n. 4099 del 22/03/2001), farebbe dedurre che, per contrario, la separazione consensuale in se non possa sottrarsi ai criteri di cui all’art 706 c.p.c. .D’altro canto, non può certo negarsi che parte della dottrina ritiene che “per la separazione, l’art. 711 c.p.c. non stabilisce autonomi criteri di collegamento, ma si ritengono applicabili, per analogia, quelli previsti dall’art. 4, comma 1º, l. div., per il divorzio a domanda congiunta: in entrambe le ipotesi il, quindi,Tribunale competente è quello del luogo di residenza o domicilio di uno dei due coniugi”( Separazione e divorzio, Rivista Trimestrale di Diritto e Procedura Civile, fasc.1, anno 2015 pag. 283).

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